lunedì 18 marzo 2019

Commento a "La via dei Simboli"

"Un edifico non è più buono solo se funziona ed è efficiente, insomma se è una macchina, ma deve dire e dare di più"
L'approfondimento che voglio fare è relativo al guardare avanti, cioè superare questi concetti e gettare uno sguardo alla nuova era che, senza accorgercene, ci sta già investendo: l'era della robotica.

Se vogliamo, è possibile osservare la storia dell'uomo come un ciclo, dove appunto ciclicamente gli eventi tendono a ripetersi seppur con connotati diversi. Questo per dire che se a un certo punto si è rinnegato l’edificio come simbolo, nulla vieta che ciò potrebbe accadere di nuovo. E quale occasione migliore della “quarta rivoluzione industriale”? Come specie tendiamo a sottovalutare gli effetti che questo tipo di cambiamenti hanno sulla nostra società, e quindi per vedere un reale prodotto di questa nuova epoca potremmo dover attendere anche altri 100 anni. Al di là di questo, cosa davvero potremmo aspettarci? Mi piace immaginare una fusione, tra l’epoca dell’informazione e quella industriale, in cui non solo la funzionalità degli edifici (probabilmente macro-edifici vista l’incredibile potenza produttiva di cui disporremmo) coesiste perfettamente con le infrastrutture che li circondano, ma anzi questi due elementi entrano in collisione, fondendosi e portandoci ad un primitivo pianeta-città, un'ecumenopoli di asimoviana memoria. In questo contesto l’edificio non è più un simbolo, né un insieme di ingranaggi, bensì è esso stesso un ingranaggio di un sistema molto molto più grande, ma è anche, esprimendoci in termini informatici, una junction, un nodo interconnesso agli altri, che tutti insieme formano un’enorme rete. Come può, in questo contesto, trovare spazio un edificio inteso come simbolo di una città, se il concetto di città cambia così radicalmente? Probabilmente questa è una delle tante crisi che i nostri discendenti dovranno affrontare.

giovedì 14 marzo 2019

Commento lezione del 12/03/2019 'Il ruolo strutturale della Informazione: la Terza Ondata'

Se Google è Dio, allora Mark Zuckerberg non può che essere il figlio di Dio in Terra.




Dopo avermi strappato un sorriso, questo concetto ha cominciato a farmi riflettere su un altro aspetto relativo alla digitalizzazione della nostra vita, e cioè l'ETICA dell'informazione. Siamo davvero in grado, come genere umano, di utilizzare la tecnologia in maniera sana? Siamo in grado di avere un atteggiamento responsabile di fronte a questo nuovo e potente mezzo? La storia recente sembra dirci di no, soprattutto in un contesto nel quale la mole di informazioni, le nostre informazioni, è gestita e controllata da grandi aziende che non hanno alcun interesse nel trattarla in maniera responsabile, ma anzi, tendono a venderle al miglior offerente. E se questo si traduce molto spesso in innocue indagini di mercato, vi è altresì la concreta possibilità che queste informazioni vengano utilizzate per indirizzare il consenso popolare verso una specifica direzione (vedi il caso Cambridge Analytica ), oppure ancor peggio, possono essere filtrate in base al loro contenuto, in modo che solo una parte possa essere assorbita dalla popolazione (l'esempio più immediato è sicuramente la Cina).


Se quindi l'etica è assente, come posso permettermi di diffondere così facilmente le mie informazioni? Come posso vivere in SICUREZZA? E questo è valido in ogni campo, anche nell'architettura. Citando l'articolo del professor Saggio Nuova soggettività. L'architettura tra comunicazione e informazione, 'Noi ci stiamo domandando non come fare un'architettura che usi superficialmente l'informazione come comunicazione o narrazione ma al contrario come fare in modo che l'informazione diventi l'essenza stessa dell'architettura'.


Se quindi l'informazione diventa elemento fondamentale dell'edificio, con la stessa valenza e importanza di un pilastro o di una parete muraria, come posso fare per renderla SICURA? Fin dall'antichità l'uomo ha sempre inserito serrature e sbarre nei punti deboli degli edifici e tanto bastava a vivere sicuri.Se è molto bello immaginare un futuro in cui l'informazione permea ogni aspetto della nostra vita, in cui ogni elemento è interconnesso, per forza di cose prima o poi dovranno essere presenti tra un gruppo elementi e un altro delle barriere, chiuse da una pesante serratura digitale.